18 giugno 2015

Le sconfitte brucianti che non si vedono ma fanno male

Ci sono sconfitte che fanno male, altre che non si vedono. Sono però quelle più vere ed importanti.
Come è andata la stagione sportiva appena conclusa? Nelle società è tempo di riunioni per dedicare tempo a questa domanda.

Ci sono sconfitte che fanno male, altre che non si vedono. Sono però quelle più vere ed importanti.
Come è andata la stagione sportiva appena conclusa? Nelle società è tempo di riunioni per dedicare tempo a questa domanda. Nel cercare la risposta è facile farsi guidare dai risultati e dalle posizioni in classifica. È facile guardare i numeri del bilancio economico per vedere se si è arrivati al pareggio o no. Facile farsi prendere dall’emotività pensando ai problemi con i genitori, con gli allenatori e qualche volta persino con il “don”. Ma a fine stagione è un’altra la domanda inevitabile. «Quanti ragazzi hanno iniziato a giocare con noi e poi sono andati via? Perché se ne sono andati? Siamo stati capaci di accoglierli?». Per noi lo sport è uno strumento per educare alla vita e la prima verifica deve riguardare i ragazzi. Se qualcuno ci ha lasciato, quella è la sconfitta più pesante, che non si vede ma brucia. Vale anche il viceversa. Se i ragazzi sono rimasti e se, al di là dei risultati sportivi, sono cresciuti nella vita, la soddisfazione deve essere grande. Non si può dare per scontato quello che è stato fatto. Bisogna rifletterci sopra e gustare tutta la passione educativa che si è “consumata” dallo spogliatoio al campo di gioco. Lo stesso vale per lo sport italiano.
Anche lì possono esserci sconfitte che non si vedono.

Oggi i riflettori sono accesi sui Giochi Europei di Baku. È giusto che sia così. Ma come stanno le società sportive di base del nostro Paese? Tirano avanti tra mille difficoltà, lo sappiamo tutti. Ma ogni società che chiude è una ferita mortale per lo sport italiano.

Una società sportiva del quartiere Gratosoglio di Milano, ad esempio, dopo 12 anni di sacrifici, ha dovuto dire ai suoi ragazzi: «L’anno prossimo non faremo più nessuna squadra. Non riusciamo più a gestire la burocrazia e a trovare i “quattro soldi” che servono per farvi giocare. Andate altrove». Di casi così, in giro per l’Italia, ce ne sono molti. Facciamo attenzione: perdere i ragazzi dentro una società sportiva o perdere società di base dentro il sistema sportivo italiano sono sconfitte pesanti. Nessun campanello d’allarme, al contrario, i dati sembrano portare al bel tempo. I tesserati delle società sportive del Csi crescono e i dati del sistema sportivo non sono male in fatto di sport di base. Ma la passione educativa porta a guardare dentro il cuore di ogni persona e di ogni società sportiva. Non bastano i “trend” numerici per dire che va tutto bene. Per chi ha passione educativa ogni ragazzo perso o una società che chiude è un dato che fa male.

Capita ed è normale. L’importante è evitare il rischio di non accorgersene.

L'angolo del Presidente

Le sconfitte brucianti che non si vedono ma fanno male

Massimo Achini

Presidente Nazionale